Solo un terzo delle PMI italiane usa il marchio Made in Italy per l’esportazioni.
Esattamente il 35% delle aziende di bandiera utilizza il marchio di origine nelle relazioni commerciali con l’estero. Il brand rappresenta un vero e proprio valore aggiunto, tanto che è stimato che incide il 90% sulle trattative internazionali.
La ricerca “Le aziende italiane alla conquista dei mercati esteri”, effettuata dall’Università di Padova e da HSBC, ha calcolato che le imprese più affezionate al marchio sono: settore alimentare, tessile e moda.
Il logo Made in Italy è sinonimo di innovazione, qualità e lusso, ed è legato all’abilità unica dell’Italia di produrre beni di alto valore. Ad usufruirne di più sono le aziende di grandi dimensioni, precisamente quelle con un alto grado di innovazione ed una maggiore propensione all’apertura sui mercati esteri.
Su questo tema le PMI del sud sono ancora un po’ indietro infatti si calcola che a livello geografico primeggiano quelle del Nord Este e, a seguire Centro Italia e Nord Ovest.
Marco Mariano, Head of Commercial Banking di HSBC Italia, ha affermato: “Il Made in Italy è un marchio globale rinomato e conosciuto, con un posizionamento e un’eredità forti, in particolare legati ai tradizionali punti di forza dell’Italia, come manifattura, design e settore alimentare. In un contesto in cui la stragrande maggioranza delle aziende intervistate prevede una crescita del commercio internazionale, l’Italia deve lavorare sui fattori che determinano il vantaggio competitivo. Tuttavia, come dimostrato dalla ricerca, oggigiorno il successo all’estero delle aziende italiane si basa principalmente su fattori strutturali e strategici, come il livello di innovazione e di produttività e non solo sul marchio Made in Italy. Queste sono le caratteristiche distintive che permetteranno ai campioni italiani di vincere la competizione internazionale”.